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Amor
per Madre Terra
a
cura di Maria Grazia Riveruzzi
Un
saluto a tutti /e i/le presenti, in particolar modo agli/alle
studenti/sse e alle insegnanti che in questo difficile momento di
emergenza pandemica hanno profuso tempo e cuore per riflettere e per
esprimere attraverso testi poetici e musicali le loro odi a madre
Terra e i loro accorati richiami al disastro ambientale che investe
gli esseri animati e inanimati che con la Natura formano un unico
corpo. Un corpo morente che chiede aiuto ai suoi figli/e ingrati/e e
noi donne della BDS non potevamo rimanere sorde al suo appello. Così
abbiamo proposto alle nuove generazioni non modelli di vita esaustivi
ma di trovare insieme una strada per cercare di cambiare il mondo.
Qualcuno/a si chiederà:
Che
relazione c’è tra le donne e l’ambiente? In realtà esiste una
correlazione tra l’oppressione, la violenza sulle donne e il
dominio della natura da parte dell’uomo. A partire dagli anni
’60 e ’70 sono apparse numerose opere di autrici e autori
sull’argomento. L’antica identità della Terra come madre nutrice
nei miti greci e romani (Cerere, Demetra, Persefone, Gea o Gaia)
spinse molte studiose a collegare la storia femminile alla storia
dell’ambiente e molte femministe cominciarono a guardare con
interesse questa connessione tra il mondo delle donne, la maternità,
la cura e l’ambiente naturale.
Negli
anni ’70 i movimenti femministi sviluppatisi in tutto il mondo
rivelarono il rapporto simbiotico tra la vita e la salute delle donne
e la distruzione della natura.
Dedussero
l’esistenza di una analogia tra il destino tragico del nostro
pianeta e quello delle donne:
“La
morte della natura “percepita dalla scienza come materia inerte e
il dominio sulla donna percepita come oggetto da possedere e
manipolare eliminarono ogni remora morale per lo sfruttamento
indiscriminato delle risorse naturali e umane.
In
parole povere, la natura e le donne esistono per i bisogni degli
uomini.
Occorreva
capovolgere la visione dualistica della società patriarcale,
capitalista, individualista fondata sulla separazione tra ragione -
sentimento, donna – uomo, natura – cultura che evoca lotta,
possesso, dominio, tutti valori o meglio disvalori cui occorreva
proporre alternative. Si andò progressivamente affermando una
letteratura femminista che ha contribuito a decostruire la cultura
maschilista –tradizionale e a diffondere una maggiore sensibilità
ecologica.
Nel
1962 Rachael Carson, biologa americana, nell’opera “Silent
Spring“ (Primavera silenziosa) denunciava le conseguenze letali
sulla vita umana e animale degli insetticidi e di altri elisir “di
morte“ e ricordava la maggiore vulnerabilità delle donne e dei
bambini all’inquinamento. Il suo amore per la natura spinse la
Carson a muovere una critica radicale alla scienza la cui sete di
dominio sulla natura stava distruggendo la vita del pianeta. Gettava
così i semi del moderno movimento ecologista e anticipava le istanze
della filosofia etica dell’ecofemminismo che ispirò numerose opere
e movimenti femministi, pacifisti, animalisti, ambientalisti a
partire dagli anni Settanta. In quegli anni la natura divenne
questione femminista. Si andò progressivamente affermando la
consapevolezza che l’ideologia che giustifica l’oppressione in
base alla razza, alle classi, al genere è la stessa che sancisce il
dominio sulla natura.
“So
di essere fatta di questa terra e come le mani di mia madre sono
fatte di questa terra, così i sogni venivano da questa terra…
tutto quello che so mi parla attraverso questa terra “. Così
scriveva nel 1978 Susan Griffin nel saggio “Women and nature”
un testo fondativo del pensiero ecofemminista. E ancora avvertiva:
“La
donne devono rendersi conto che per loro non ci può essere
liberazione, non ci può essere soluzione alla crisi ecolologica
all’interno di una società il cui modello di relazione è il
dominio”.
L’ecofemminismo,
ponendo l’accento sull’interconnessione di tutte le forme di vita
offre una teoria basata non sulla separazione, sullo sfruttamento, ma
sui valori dell’inclusione, delle relazioni, sulla conservazione e
valorizzazione della vita e della maternità. Si tratta di compiere
un passaggio da una società dominata dalla cultura della “morte”
ad una orientata verso la vita e fondata sull’ordine simbolico del
materno ovvero su ciò che rappresenta, dono, cura, accoglienza
dell’altro, protezione e conservazione.
Le
attività delle donne volte a creare, nutrire, custodire la vita non
sono separate dalle funzioni della Natura, ma si pongono
consapevolmente con la natura in un rapporto di cooperazione e di
interrelazione. Lo sfruttamento, la manipolazione massiccia dei loro
corpi condurrebbe alla morte di entrambe e con esse dell’umanità
intera. Per tutto quanto sopra accennato, concludo affermando che non
c’è stato un solo diritto alla vita che non sia stato e non sarà
sostenuto e perseguito dalle donne femministe che hanno sempre legato
le loro lotte a quelle ambientaliste.
Soverato
29/5/2021
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